Recentemente è stata pubblicata la traduzione italiana dell’ultimo libro di Mitchel Resnick dal titoloCome i bambini. Immagina, crea, gioca e condividi. Coltivare la creatività con il Lifelong Kindergarten del MIT”.

Ho colto al volo questa occasione per scrivere una recensione che è il frutto della mia personale esperienza di lettura di questo libro con l’intento di suscitare l’interesse in tanti altri lettori, soprattutto tra i docenti. Lo voglio esprimere subito: per me è stata una vera e propria fonte di “illuminazione” sul tema dell’educazione rivolta ai bambini.

In realtà io ho letto il libro nella sua versione originale inglese, che risale a poco più di un anno fa, e da qui nasce la mia prima considerazione. Sebbene io non possa dire di padroneggiare la lingua inglese, sono riuscito a leggere il libro quasi tutto d’uno fiato. Resnick infatti ha un modo di scrivere che risulta decisamente “elementare”, nel senso che esprime concetti anche molto profondi con una semplicità disarmante, senza quindi far perdere di valore ai contenuti che affronta. L’autore sa anche raccontare in modo coinvolgente ed emozionante, riuscendo a catturare l’attenzione di chi legge.

Il libro parte da una tesi assai chiara: la scuola sta perdendo via via col passare degli anni la sua funzione di educatrice alla creatività. Metodi e strumenti si stanno appiattendo, fornendo sempre meno stimoli agli studenti. Eppure un modello di riferimento esiste da molto tempo ed è la scuola dell’Infanzia (in inglese kindergarten), quella che inventò il pedagogista tedesco Froebel nel lontano 1837. Si trattava di una scuola che intendeva superare il modello basato sulla “trasmissione” della conoscenza con un nuovo approccio fondato sull’interattività.

Oggi quella visione di Froebel appare quanto mai moderna ed attuale. Invece secondo il punto di vista privilegiato di Resnick sembra che il modello educativo diffuso nelle scuole di tutto il mondo sia ancora fermo alla posizione della classica lezione frontale, lasciando da parte ogni stimolo alla creatività.

Che poco sia cambiato dai tempi antichi in merito ai metodi di insegnamento ce lo dimostra un quadro della metà del XIV secolo che mostra una lezione all’università di Bologna.

 

Forse però ritengo che questo quadro così negativo vada contestualizzato e allora si potrebbero scoprire delle “isole felici” che stanno rispettando in pieno la missione di favorire la creatività. Mi riferisco alla scuola primaria italiana. Ho la fortuna di lavorare in molte scuole di questo tipo e con molte maestre e la mia personalissima impressione è di trovare spesso un ambiente educativo molto stimolante, che spinge gli studenti ad essere creativi, dove i docenti sono pronti ad affrontare quelle novità che possano aiutare l’apprendimento dei bambini. Lo stesso Resnick riconosce queste eccezioni tanto è vero che cita nel libro “la piccola città italiana di Reggio Emilia” che lui guarda per “idee ed ispirazioni”. Si riferisce alle esperienze della Fondazione Reggio Children di cui è spesso ospite.

È però indubbio che, a parte le eccezioni che servono a confermare la regola, la visione generale del sistema educativo è in effetti come la descrive Resnick.

Ecco che allora l’autore pone le basi di un nuovo approccio pedagogico che lui sintetizza in quattro semplici parole chiave che nella versione inglese hanno in comune la lettera iniziale: Projects, Passion, Peers, Play.

Permettetemi a questo punto di fare una piccola digressione personale: da grandissimo appassionato dei Beatles ho apprezzato la citazione che Resnick fa ad una famosa canzone di John Lennon che risale al suo periodo di contestazione alla guerra; con un intelligente quanto mai efficace gioco di parole Resnick annuncia il suo personale slogan scrivendo “All we are saying is give P’s a chance”.

Ho notato che nella versione italiana non è stata fatta una traduzione letterale, che peraltro avrebbe perso comunque l’effetto dell’iniziale comune. Le quattro parole chiave sono state così trasformate in Immagina, Crea, Gioca, Condividi. La sostanza delle cose evidentemente non cambia.

Per ognuna delle quattro parole Resnick fa un approfondimento che viene sviluppato ed articolato in un intero capitolo del libro. In questa sua disamina sono continui i riferimenti all’esperienza di Scratch, il noto linguaggio di programmazione iconico per insegnare la programmazione (o come si suole oggi dire il coding) di cui lui è stato il creatore. Il libro diventa quindi a mio parere anche l’affascinante storia di questa esperienza da cui emergono interessanti insegnamenti.

Innanzitutto Resnick vuole chiarire che Scratch non è solo uno strumento informatico per imparare il coding, ma in riferimento alla piattaforma online è anche una comunità di utenti basata sulla condivisione e la partecipazione. Mi sembra un messaggio quanto mai prorompente, perché pone l’accento sul fatto che questi prodotti tecnologici dell’era digitale devono avere essenzialmente una finalità educativa, aiutando i bambini nel loro percorso di apprendimento e di crescita.

La comunità costruita grazie a Scratch è rappresentata da utenti provenienti da tutto il mondo (Scratch è stato tradotto in 74 lingue differenti comprese il Latino, il Furlan e il Sardu) e soprattutto di tutte le età; sebbene infatti la principale fascia d’età a cui si rivolge Scratch sia quella compresa tra gli 8 e i 18 anni, Scratch è stato pensato anche per l’uso da parte degli educatori e dei genitori.

Questa comunità ha permesso ai piccoli utenti di fare le loro prime esperienze di programmazione per conto proprio ma grazie anche al supporto di tanti altri utenti. Per far comprendere la forza e il valore di questa esperienza di condivisione Resnick riporta diverse interviste rilasciate da giovani che oggi lavorano brillantemente nel settore dell’informatica e che hanno effettuato i loro primi passi sul coding grazie a Scratch.

Non è stato comunque facile per Resnick far passare questo principio, tanto è vero che la funzione di remix che è alla base della condivisione non venne accolta con favore da tutti. C’erano molte resistenze iniziali infatti a lasciare di totale dominio della comunità l’invenzione condivisa dal singolo utente.

Non solo, Scratch ha anche spinto migliaia di ragazzini ad essere creativi (quindi produttori) progettando e realizzando storie e videogiochi. È un radicale cambio di paradigma in una società come quella attuale che vede masse di giovani sempre più dipendenti dai dispositivi digitali (quindi nella veste di consumatori).

Anch’io mi sono accorto della potenza creatrice di Scratch; mentre nelle mie prime esperienze di laboratori sul coding realizzati a scuola improntavo l’attività da un punto di vista informatico, nel tempo e grazie alla lettura del libro, ho cominciato a proporre Scratch come strumento per lo story-telling e la risposta dei bambini è stata veramente affascinante.

(Marco Picarella)

Chi è Mitchel Resnick?

Poiché potrebbe non essere noto a tutti il suo nome, qualche breve cenno biografico aiuterebbe sicuramente il lettore. Mitchel Resnick si occupa di apprendimento ed è tra l’altro direttore del gruppo Lifelong Kindergarten al MIT Media Lab. Con il suo gruppo di ricerca ha contribuito allo sviluppo del famoso robot Mindstorms, prodotto dalla LEGO.Resnick è stato allievo di Seymour Papert, l’ideologo dell’apprendimento costruzionista nelle scienze dell’educazione.

  • Titolo: Come i bambini. Immagina, crea, gioca e condividi. Coltivare la creatività con il Lifelong Kindergarten del MIT.
  • Autore: Mitchel Resnick
  • Editore: Erickson
  • Anno di pubblicazione: 2018
  • ISBN: 8859016355
  • Numero di pagine: 150 (vale per la versione cartacea)
  • Versione digitale: (solo nella versione originale inglese)
  • Prezzo: 18,00 € (i prezzi sono molto variabili per via degli sconti)

Indice

(della versione inglese)

  • Foreword by Sir Ken Robinson
  • chapter 1    :  Creative learning
  • chapter 2    :  Projects
  • chapter 3    :  Passion
  • chapter 4    :  Peers
  • chapter 5    :  Play
  • chapter 6    :  Creative Society
  • Further Readings and Resources
  • Acknowledgemets
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